Gigliola Cinquetti sarà ospite della finale del Festival di Sanremo che si terrà sabato 10 febbraio. Un invito che nasce per un motivo ben preciso, una ricorrenza da celebrare: festeggiare i 60 anni del suo storico brano sanremese Non ho l’età con cui poi vinse anche all’Eurovision Song Contest nel 1964. Un successo che l’ha travolta, dato che aveva solamente 16 anni e si ritrovò con quattro milioni di dischi venduti in Europa e un tour anche in Giappone.
Ha raccontato: “Non potevo uscire di casa. Si creavano assembramenti, ingorghi, isteria. A Milano, in via Manzoni, provocai un tamponamento a catena di cinque macchine. A Sanremo, la mattina dopo la prima esibizione, prima ancora della vittoria, uscii a fare una passeggiata, una ragazzina mi vide, iniziò a strillare come un’ossessa e me la trovai appesa al collo, assieme a sua madre, che mi scuoteva come fanno i bambini coi giocattoli. In niente, mi trovai addosso altre persone: volevano toccarmi, stringermi, mi strapparono il vestito. In quei tre minuti, capii che era accaduto qualcosa di irrimediabile”.
Ma poi arrivò la vittoria a Sanremo e ancor di più quella all’Eurovision: “Mi colpì l’euforia della casa discografica, che per me rappresentava il mondo degli adulti a cui tenevo perché mi trattavano con considerazione e rispetto. Poi, quando ho iniziato a fare tour in tutto il mondo, il senso di responsabilità si è focalizzato sul fatto di essere un’artista italiana, immagine del mio Paese. Un impegno enorme, ma un peso consapevole e gioioso perché incontravo gente che amava moltissimo l’Italia”.
Nonostante la popolarità, la cantante non smise di frequentare la scuola che diventò una sorta di rifugio dove respirare “un’aria più normale”: “Quello per me e i miei compagni era uno spazio nostro, inviolabile. Infatti, i giornalisti li abbiamo cacciati. A una squadra del tg, dissi, tutta puntuta: vergognatevi, dovreste occuparvi di cose serie”.
Ma come sempre il successo porta con sé anche il risvolto della medaglia: le critiche. Con l’avvicinarsi del ‘68, a qualcuno non piacquero parole come “non ho l’età per uscire da sola con te”. “Quella canzone rappresentava il mondo che i giovani volevano cambiare e non interessava a nessuno che non appartenessi a nessun mondo, che fossi un tipetto abbastanza unico. Un giovane artista, un ‘artista autentico’ venne a cercarmi apposta per dirmi in faccia: ti odio, sei tutto quello che detesto, sei falsa, ipocrita, perbenista”.
Era Luigi Tenco, cantante che si tolse la vita tre anni dopo proprio a Sanremo: “Era lui, ma non è importante che fosse lui: capii subito che la sua era una posizione ben precisa con la quale avrei dovuto fare i conti. Quello fu il mio impatto col mondo della musica e una sorta di prova del nove di un successo clamoroso: le critiche anche violente sono il rovescio della medaglia quando si arriva all’idolatria, anche quella senza senso”.