![](https://www.ilcentro.it/image/policy:1.3285085:1715814808/image.jpg?a=191%3A100&q=0.6&w=1200&$p$a$q$w=e3c1d56)
PESCARA. Si è aperto ieri, davanti al giudice monocratico, Nicola Colantonio, il processo all’ex amministratore delegato della De Cecco, Francesco Fattori, milanese di 54 anni, accusato di rivelazione di segreto professionale. Erano stati chiamati a deporre, in qualità di parti offese, tre De Cecco, a cominciare dal presidente della società, il cavaliere Filippo Antonio (presenti anche Giuseppe Alfredo e Giuseppe Adolfo De Cecco, per i quali c’è stata la rinuncia). Il cavaliere, numero uno della storica società abruzzese leader sul mercato internazionale per la produzione di pasta e non solo, e che nel 2018 firmò la denuncia che fece scattare l’inchiesta contro il suo ex ad, ha deposto rispondendo puntualmente alle domande poste dalle parti. Ha spiegato come si arrivò alla scelta di Fattori e al ruolo che ebbe in quella scelta la società Egon Zhender International che per la De Cecco fece la ricerca di un professionista qualificato, il cui responsabile è Fabrizio D’Eredità (la cui posizione venne archiviata così come quella di altre persone inizialmente coinvolte nell’inchiesta).
«Avevamo intenzione di quotarci in borsa», racconta Filippo Antonio De Cecco, «e per questo ci affidammo a Fattori e tutto sembrava andare per il meglio, fino a quando non venne fuori che quando parlava con me riferiva che la società andava bene. Poi, quando si interfacciava con il vice presidente e l’altro amministratore, rappresentava una situazione societaria non florida». Poi gli strani rapporti con Dell’Eredità e con la Egon Zhender: «Scoprimmo una fitta corrispondenza, quasi quotidiana con D’Eredità e soprattutto che determinate notizie che Fattori acquisiva in società venivano riportate all’esterno: parliamo di dati sensibili e segreti. Piani societari, ma anche dettagli su produzione e vendita nei vari Paesi, come prezzi e scontistica: un danno enorme per la società. Uno scambio di informazioni accompagnato anche da invio di documenti altrettanto riservati. Il piano triennale», aggiunge il presidente, «è come una bussola che indica linee guida per capire dove arrivare, e anche quello fu oggetto di divulgazione».
Nel capo di imputazione il pm Andrea Di Giovanni aveva elencato la mole di dati finanziari, economici e statistici che costituivano notizie segrete o riservate, «relative alle attività della società o di altre società del gruppo. Piani strategici industriali, dati previsionali, budget e business plan… informazioni inerenti i prodotti, i servizi, le politiche e le strategie anche commerciali, distributive e promozionali». E l’accusa parla anche di una specifica nota con la quale «Fattori inviava a D’Eredità una comunicazione in inglese con la quale condivideva le strategie di implementazione del business in Russia, la programmazione delle nuove assunzioni nonché lo studio del posizionamento dei prodotti De Cecco sul mercato russo». Filippo De Cecco ha risposto alle domande dei suoi legali (il professor Franco Coppi e l’avvocato Marco Spagnuolo) e a quelle della difesa di Fattori (gli avvocati Fabrizio Ventimiglia e Marco Giannone). Ha anche sottolineato che c’era un bonus di 3 milioni di euro per Fattori se avesse raggiunto l’obiettivo della quotazione in borsa e anche che D’Eredità non riferì mai nulla alla società anche se, secondo contratto, avrebbe dovuto. Si torna in aula a ottobre.