VASTO. Con una condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione si è concluso ieri pomeriggio il processo a carico di G.S., 30 anni, barista di Furci, ritenuto responsabile della morte di Franco Mancini, 50 anni, per tutti in città “Franchino”, alla Marina di Vasto. L’imputato era accusato di omicidio preterintenzionale. Ieri mattina il gup ha aggiunto la contestazione dell’omissione di soccorso per avere provocato con una spinta la morte di Franchino lasciandolo poi su una panchina. L’imputato davanti al gup Fabrizio Pasquale, era assistito dall’avvocato Antonello Cerella. Quest’ultimo, davanti al rischio di una condanna di oltre 10 anni, ha chiesto di poter patteggiare per il proprio assistito la pena di 4 anni e sei mesi di reclusione. Il pm Vincenzo Chirico ha acconsentito. I familiari di Franchino, il fratello Michele e la sorella Maria Chiara si sono costituiti parte civile. A rappresentarli sono stati gli avvocati Samantha Zaccardi e Massimiliano Fiore. L’imputato ha offerto alle parti civili un somma per risarcire il danno. «Non è stata ritenuta completamente satisfattiva ma parziale», ha spiegato l’avvocato Zaccardi, «e per tale ragione io e il collega Fiore ci riserviamo di agire in sede civile. Per come sono andati i fatti ci riteniamo comunque soddisfatti della pena».
L’udienza è durata poco più di un’ora. La sentenza è stata pronunciata dal gup nel pomeriggio. Il giudice ha valutato attentamente l’equità della richiesta. Le indagini sulla morte di Franco Mancini avvenuta la notte fra il 2 e 3 settembre 2021 si chiusero un anno fa. L’allora procuratore capo della Procura di Vasto, Giampiero Di Florio, chiese con determinazione il rinvio a giudizio per il barista per omicidio preterintenzionale. Per la Procura, avrebbe provocato la morte del 50enne spingendolo fuori dal locale in cui si trovava. «Con una manata al torace», ha sostenuto la procura, «avrebbe fatto perdere l’equilibrio a Franchino determinando la caduta all’indietro e il conseguente impatto della testa sull’asfalto. Subito dopo l’indagato ha sollevato Mancini da terra e lo ha accompagnato sul lato opposto della strada lasciandolo su una panchina nei pressi della quale il mattino successivo è stato trovato, soccorso e trasportato in ospedale in stato di coma a causa di una emorragia cerebrale massiva». Franco Mancini morì alle 14 del 3 settembre, otto ore dopo il ritrovamento e 12 ore dopo la caduta. «Il mio cliente non ha colpito la vittima, né mai avrebbe voluto fargli del male. La sua è stata una pacca amichevole», ha sempre sostenuto l’avvocato Antonello Cerella, soddisfatto per la pena patteggiata. La sequenza che ha portato alla morte di Franco Mancini è stata più volte controllata dalla polizia e le telecamere «hanno ripreso Franchino che si avvicinava al 30enne che lo ha respinto una prima volta. Franchino però si è riavvicinato ancora e il barista lo ha scansato e la seconda spinta ha fatto cadere Mancini che ha battuto la testa. Il trentenne, aiutato da altre persone – una ragazza ha prestato i primi soccorsi – hanno aiutato Franchino a rialzarsi e a sedersi». Da quel momento al trasporto in ospedale sono passate troppe ore per la magistratura.
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