L’AQUILA. Nessuno la nomina, ma tutti ci sperano. La serie C dell’Aquila 1927 è uno di quei sogni da cui non si vuole essere svegliati. Specie adesso che il sogno sembra possa davvero diventare realtà, anche se in mezzo c’è un divario di 4 punti – e 4 partite – prima che la sveglia suoni per tutti. Così, tra chi tocca ferro, chi ricorda da dove tutto è cominciato, chi ha già scommesso cene con gli amici e chi si gode invece il viaggio prima ancora che la meta, il giorno dopo la vittoria con la Sambenedettese la febbre per il finale di stagione della squadra della gente sta contagiando tutti, nessuno escluso.
I TIFOSI
«Seguo spesso la squadra, anche in trasferta», dice Giancarlo Vitaliani, allenatore di calcio, uno abituato a toccare ferro per deformazione professionale visto che ha un negozio di ferramenta alla Fontana luminosa. «Sono stato ad Ascoli, a Chieti e a San Benedetto. Poi ho deciso di non andarci più per scaramanzia, visti i risultati. Infatti domenica stavo pensando di non andare a Vastogirardi, ma direttamente a San Benedetto, dove gioca il Campobasso», dice scherzando.
«Portare mio figlio allo stadio con questo entusiasmo che si sta generando è forse la cosa più bella, anche al di là di come andrà a finire», sostiene, dal canto suo, Christian De Rosa, titolare di una copisteria a viale Nizza. «Il campionato dell’Aquila comincia adesso. Da qui alla fine sono quattro finali che si devono vincere tutte. L’Aquila ha anche un leggero vantaggio perché ha solo da guadagnare, mentre il Campobasso ha tutto da perdere. E come accade nel ciclismo, chi insegue è sempre favorito perché deve guardare solo avanti. È chi è in testa che deve guardarsi le spalle, e nel farlo può succedere che prenda una cantonata».
«Sinceramente, da una neopromossa, mi sarei aspettata una stagione interlocutoria da metà classifica. Stando così le cose però è normale che ci si cominci a fare la bocca», ammette invece Sara Ammannito, abbonata in tribuna Ovest e presenza fissa al Gran Sasso d’Italia. «Comunque vada sarà stato un grande campionato. Io ci credo e so che ce la giocheremo fino alla fine perché il pallone è rotondo e tutto può succedere, però mi sento di dire che fin qui il viaggio è stato già bellissimo di suo, al di là di come andrà a finire».
«Mi auguro che L’Aquila ce la faccia a vincere il campionato perché è una piazza che lo merita», dichiara Giampaolo Arduini, ex vicesindaco ed ex assessore con delega allo sport. I successi rossoblù esaltano lo stadio da lui fortemente voluto, il Gran Sasso d’Italia, per il quale si è battuto fin dagli anni ’80. «M’impegnai in prima persona affinché quell’impianto si riscattasse da com’era ridotto dopo il 2009: fu una tra le tendopoli più grandi del territorio. All’epoca sembrava qualcosa di poco importante, visto che c’era un’intera città da rifare. Eppure gli aquilani avevano bisogno di luoghi di aggregazione che non fossero i soliti centri commerciali. Perciò non posso che essere personalmente felice nel vedere quante famiglie lo affollino la domenica e con quale entusiasmo».
«Sono l’unico che ci ha sempre creduto anche quando eravamo a 8 punti dal Campobasso e tutti pensavano fosse già finita. Per me questo è l’anno dell’Aquila», ribadisce Claudio Alfonsetti, lo speaker della squadra della gente, che quest’anno rischia di rimanere afono a forza di esaltare le migliaia di tifosi rossoblù dopo ogni gol di Banegas e compagni. «Ora più che mai c’è bisogno di restare con i piedi ben piantati a terra, ma io continuo a crederci più di tutti. Anche perché ho già scommesso tre cene nel caso dovesse andare per il meglio. E non ho intenzione di rimanere a digiuno».