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PESCARA. «Sviluppare spirito critico, acquisire gli strumenti per controllare il potere e chiunque eserciti una pubblica funzione, per sconfiggere l’indifferenza ed essere sempre interessati a ciò che avviene attorno a noi». È questo il messaggio che Fabrizia Francabandera, presidente della Corte d’appello dell’Aquila, lancia agli studenti, nel giorno del 32esimo anniversario della strage di Capaci. Il suo intervento anticipa, assieme a quello del questore Carlo Solimene e del sindaco Carlo Masci, una serie di presentazioni tenute dagli studenti delle scuole medie e superiori della città di Pescara, nel corso dell’intera mattinata di ieri, in piazza Salotto. La manifestazione, dal titolo “Palermo chiama, Pescara risponde”, è stata organizzata, come ogni anno, dall’associazione nazionale Premio Borsellino. Hanno partecipato anche il presidente del consiglio regionale Lorenzo Sospiri e Ottavio De Martinis, presidente della Provincia. Iniziative simili si sono svolte in altre località abruzzesi.
Gli studenti, con i loro progetti e le pratiche didattiche incentrate sul valore della legalità, hanno ricordato la figura del magistrato Giovanni Falcone e tutte le vittime di mafia. Un pensiero particolare, dal palco di piazza Salotto, va anche agli agenti della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo, uccisi assieme al giudice e alla moglie Francesca Morvillo, il 23 maggio del 1992. Striscioni, collage di foto scattate nei viaggi in Sicilia e riflessioni sui terribili anni delle stragi. I ragazzi hanno mostrato tutto questo in piazza e la manifestazione è andata avanti fino a sera. Tra i presenti alla commemorazione, come testimone, Dario Falvo, ex agente della scorta di Falcone. «Giornate come questa sono importantissime, per istigare un seme della legalità. Per me, così come per i miei colleghi e fratelli di sangue, il 23 maggio è ogni giorno», dice. «In questi anni molte cose sono cambiate: la società, i metodi di investigazione, Cosa Nostra stessa. Ciò che resta sempre uguale è scegliere da che parte stare». E ricordando la strage, aggiunge: «le sensazioni provate trentadue anni fa non andranno mai via. Mi hanno sempre accompagnato da quando sono entrato a far parte della scorta e nel nefasto giorno del 23 maggio. Sono ricordi sicuramente dolorosi, ma bisogna metabolizzarli e portarli nel cuore».
«È finita l’epoca delle stragi, ma si è sviluppata una mafia molto più subdola, molto più infiltrata. Oggi la mafia vive e galleggia nel nostro sottobosco, ma anche nell’alto. È molto più difficile da individuare e anche da sconfiggere. La nuova mafia va combattuta con gli strumenti ordinari. Abusi, corruzione, frode. Una mafia che danneggia ancora di più i cittadini. La criminalità è dappertutto, anche in Abruzzo, anche se un processo di mafia in appello non è ancora arrivato. Sappiamo che c’è, anche se non ci interessa chiamarlo processo di mafia, magari è un processo legato al traffico di droga. Può essere anche una grossa evasione fiscale, truffe sui redditi di cittadinanza, sul terremoto. Non ci interessa classificarla come mafia in sé, perché è difficile qualificarla così. Sono però fenomeni su cui ogni cittadino ha il dovere di tenere gli occhi aperti».
Gli studenti, impegnati in prima persona nel ricordo, mostrano gli striscioni e raccontano i loro viaggi in Campania e in Sicilia. Ilaria Sacchini, alunna del liceo classico D’Annunzio, parla anche a nome dei compagni e dice: «È una giornata molto importante questa per noi, perché ci forma dal punto di vista legale e ci fa capire che il silenzio non è di certo la risposta ad ogni cosa. Bisogna sempre parlare, confrontarsi e aiutare il prossimo».