LANCIANO. La svolta nel mistero della morte di Annamaria D’Eliseo arriva a un anno e mezzo dal ritrovamento del corpo senza vita della bidella 60enne nel garage-cantina dell’abitazione di via Iconicella, alla periferia di Lanciano. Per l’accusa non si tratta di suicidio, bensì di femminicidio, tesi sostenuta fin dall’inizio dai carabinieri e dalla procura frentana che per la seconda volta chiede, e questa volta ottiene, la misura cautelare in carcere per il marito della donna, Aldo Rodolfo Di Nunzio, 71 anni. I militari dell’Arma lo hanno prelevato nel primo pomeriggio di ieri dall’abitazione in cui, il 15 luglio 2022, ha trovato la morte Annamaria, e lo hanno condotto in cella. L’accusa per l’imprenditore agricolo ed ex vigile del fuoco è di omicidio volontario aggravato.
L’ARRESTO
Le gazzelle dei carabinieri arrivano poco dopo le 14 nella villetta di via Iconicella, dove da un anno e mezzo, ovvero dal giorno della morte di Annamaria D’Eliseo, Aldo Rodolfo Di Nunzio è rimasto a vivere da solo. Il 71enne è in casa, non si aspetta di certo la visita dei militari che lo invitano a seguirli in caserma poiché «è in arresto». Il reato che la procura di Lanciano gli contesta è quello di omicidio volontario aggravato, in quanto commesso contro la coniuge, accusa che l’uomo ha sempre respinto, anche in maniera spavalda, ribadendo la versione del gesto volontario di Annamaria. Versione che le nuove prove in possesso degli inquirenti sembrano essere riusciti a smontare. Le auto ripartono a sirene spiegate alla volta della caserma di via Del Verde, dove alle 14.30 Di Nunzio arriva visibilmente agitato e pronunciando frasi a voce alta. Il tempo degli adempimenti di rito e una mezzoretta dopo è già in viaggio verso il carcere di Villa Stanazzo. Non sarà ancora quella, però, la destinazione definitiva. Durante la visita medica all’ingresso dell’istituto penitenziario, il 71enne sostiene di avere dolore a una spalla.
LA VISITA IN OSPEDALE
I carabinieri lo accompagnano per accertamenti al pronto soccorso dell’ospedale Renzetti, da dove viene congedato poco dopo. Si torna in carcere, questa volta per rimanere. Il procedimento è ancora in fase d’indagine, d’obbligo è la presunzione di innocenza. L’interrogatorio di garanzia per Di Nunzio, assistito attualmente dall’avvocato Silvia De Santis, è previsto nei prossimi giorni.
NUOVE PROVE
L’arresto di Di Nunzio, ieri, ha colto tutti di sorpresa. Arriva dagli sviluppi di ulteriori attività investigative coordinate dalla procura della Repubblica di Lanciano e condotte dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile, diretto dal maggiore Giuseppe Nestola. Dagli accertamenti tecnici, svolti dai militari in questi ultimi mesi, sarebbero emersi ulteriori elementi di responsabilità nei confronti dell’indagato, tali da superare lo scoglio di un primo rigetto della richiesta di applicazione di custodia cautelare in carcere. Era stato prima il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lanciano, a luglio, e poi a settembre il tribunale del Riesame dell’Aquila, a dire no all’arresto del vigile del fuoco in pensione. Procura e carabinieri, però, non si sono fermati e hanno continuato a scavare tra prove e reperti isolati nella rimessa esterna dove è morta Annamaria, nell’abitazione di famiglia e negli oggetti sequestrati all’indagato. Le risposte che gli inquirenti cercavano sono emersi dagli accertamenti tecnici sulle registrazioni audio e video della telecamera di videosorveglianza (vedi l’articolo nella pagina accanto) installata nel giardino dell’abitazione e risalenti al giorno della morte della donna. E questa volta hanno convinto anche il gip Massimo Canosa ad accogliere la richiesta di custodia cautelare firmata dal procuratore capo Mirvana Di Serio e dal sostituto Fabiana Rapino.
LA VICENDA
Annamaria D’Eliseo, 60 anni, bidella nella scuola elementare Eroi Ottobrini, mamma e nonna dolcissima, viene trovata senza vita venerdì 15 luglio 2022. A fare la scoperta è il marito, Aldo Rodolfo Di Nunzio, che nella telefonata ai carabinieri, alle 13.08, racconta di aver trovato nel garage-cantina di casa la moglie appesa per il collo con un cavo elettrico e di aver provato a salvarla deponendo a terra il corpo. Racconto che da subito non convince carabinieri e procura, che infatti iscrive l’uomo nel registro degli indagati, ma neanche i familiari – in primis i cinque figli della coppia – e gli amici della donna. Per un anno e mezzo il mistero della morte di Annamaria resta incastrato tra due ipotesi, omicidio o suicidio, mentre vanno avanti perizie medico-legali, esami del Dna e accertamenti dei carabinieri del Ris per cercare di dipanare la matassa. Ieri, la svolta.
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