TERAMO. La Procura (pm titolare del fascicolo Monia Di Marco) impacchetta l’accusa di omicidio volontario aggravato, chiede e ottiene il giudizio immediato per il 49enne Francesco Di Rocco, studente fuori corso di veterinaria. L’uomo è in carcere da novembre dopo aver ucciso con 92 coltellate il padre Mario, 83 anni, ex capostazione, al termine di una violenta lite scoppiata nell’alloggio sopra la stazione ferroviaria di viale Crispi. Il processo inizierà a luglio in corte d’Assise.
L’uomo, assistito dall’avvocato Federica Benguardato, da subito ha confessato il delitto. Durante l’udienza di convalida, al giudice ha ripetuto di non voler uccidere il genitore e di aver preso il coltello in un momento di rabbia dopo l’ennesimo litigio perché esasperato dall’atteggiamento definito «opprimente» dell’anziano papà. «Non volevo uccidere», ha detto al magistrato, «non avrei mai voluto fare del male a mio padre anche se per una vita mi ha oppresso. Ho preso il coltello perché volevo fargli capire che non potevo più andare avanti a sopportare. Lunedì sera mi ha rimproverato per gli adesivi sull’insalatiera, ho preso un coltello e l’ho colpito. Il coltello l’ho lavato perché avevo timore che mio padre potesse sgridarmi perché lasciato sporco. Lavavo sempre tutto quello che potevo sporcare in cucina perché lui voleva tutto in ordine».
A dicembre il tribunale del Riesame ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dell’uomo che aveva chiesto i domiciliari con il braccialetto elettronico. «La descritta dinamica e il fatto che l’aggressione sia avvenuta senza che vi fosse alcun avvisaglia», hanno scritto i giudici nel provvedimento, «consentono di ritenere probabili ulteriori allarmanti manifestazioni di violenza omicidiaria nei confronti di altri familiari ovvero di altri soggetti che si trovino a rivolgere al Di Rocco banali richieste che egli non intenda soddisfare. Il pericolo di reiterazione è da ritenersi elevatissimi ove si consideri che l’indagato ha fornito una lettura dei fatti tesa a giustificare il suo operato – contrario ai più basilari sentimenti di umanità e rivolto contro un uomo anziano e non in grado di difendersi – sulla base dei difficili rapporti con il genitore». L’anziano, secondo la ricostruzione emersa dall’autopsia, ha provato a difendersi così come testimoniato dai tanti segni sulle mani protese in avanti e ha tentato di allontanarsi cercando di trovare riparo in un altro angolo della stanza.
L’uomo, inoltre, sempre secondo la ricostruzione dell’autopsia, avrebbe cercato anche di bloccare il figlio afferrando il coltello con una mano (così come desumibile proprio da alcune ferite riscontrate sul palmo). Secondo l’autopsia delle 92 coltellate, 74 sono state al volto, inferte con una violenza tale da piegare la sommità della lama. Quella sera a chiamare i soccorsi fu lo stesso figlio con una telefonata fatta al 118.
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