PESCARA. Si era concluso con 5 condanne e 25 assoluzioni il processo di primo grado, a Pescara, sul disastro dell’hotel Rigopiano di Farindola, travolto da una valanga il 18 gennaio del 2017 con un bilancio di 29 morti e 11 sopravvissuti. In appello, le condanne sono salite a 8.
Dopo le indagini della Procura, dal disastro al depistaggio fino a evidenziare una catena di rischi almeno sottovalutati, la sentenza di primo grado era stata pronunciata il 23 febbraio dello scorso anno, tra la rabbia dei parenti delle vittime. Erano stati condannati in primo grado il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, a due anni e otto mesi di reclusione; il dirigente del settore viabilità della Provincia di Pescara e il responsabile del servizio viabilità dell’ente, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e 4 mesi di reclusione ciascuno); l’ex gestore dell’albergo della Gran Sasso Resort & spa, Bruno Di Tommaso, e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica per l’intervento sulle tettoie e verande dell’hotel, ai quali era stata inflitta dal gup una pena di sei mesi ciascuno.
Il sindaco è stato condannato, recitano le motivazioni, «limitatamente alla condotta relativa alla omissione dell’ordinanza di inagibilità e di sgombero dell’Hotel Rigopiano».
In primo grado, la pubblica accusa – rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli, e dai pm Andrea Papalia e Anna Benigni – aveva chiesto 26 condanne per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione e quattro assoluzioni. Nel processo d’appello, i pm, durante la requisitoria, hanno chiesto la condanna di 25 dei 30 imputati.