PESCARA. Sono 254 le attività economiche della provincia di Pescara cancellate in cinque anni. Non va bene nemmeno il dato delle nuove aperture dei negozi, che nello stesso arco temporale diminuiscono di 177 unità.
È un quadro tutt’altro che roseo quello che si delinea analizzando i dati della Camera di Commercio di Chieti – Pescara, nell’ambito di Movimprese, l’analisi statistica trimestrale della nati-mortalità delle imprese condotta da InfoCamere, per conto di Unioncamere, sugli archivi di tutte le Camere di Commercio italiane. Se nel 2017 erano 12.848 le imprese attive di commercio, manifatturiero, agricoltura, costruzioni, turismo e ristorazione, attività immobiliari, agenzie di viaggi e altri comparti, nel 2022 il dato è di 12.879, di poco superiori. Tuttavia, è la dinamicità delle attività imprenditoriali a preoccupare, dal momento che sia il numero delle nuove iscritte nei registri camerali, e quindi che aprono, che quelle chiuse, dicono che nel 2022 l’economia della provincia di Pescara soffre.
I SETTORI Il settore del commercio è quello più in cattive acque. Nel 2017 erano 4.825 le imprese attive, 314 i negozi chiusi e 198 quelli aperti. Nel 2022, le imprese attive sono 4.460, 475 quelli chiusi e 148 i nuovi aperti. Reggono meglio il turismo e la ristorazione con 985 imprese attive nel 2017, 70 cessate e 40 nuove aperture, mentre nel 2022 sono 1.016 le attive, 80 le chiuse, 25 le nuove. Bene anche per le agenzie di viaggi. Nel 2017, 558 le attive, 25 le chiuse, e 42 le nuove aperture, mentre nel 2022 632 le attive, 43 le cessate e 39 le nuove aperture. Maglia nera per il settore delle costruzioni, con 1.435 imprese attive nel 2017, 84 le chiuse, 54 le aperture, mentre nel 2022 le imprese edili attive sono 1.425, 108 le cessate, 62 le nuove iscritte. Anche il manifatturiero ha avuto un crollo nel 2022, con 853 imprese attive, 70 chiuse, e 27 aperte, contro le 936 attive del 2017.
MALE CON IL COVID A dare il colpo di grazia è stato il periodo post Covid. Nel 2020 i negozi e le imprese attive erano 13.078, nel 2021 erano 13.223. Numeri che dimostrano come molte imprese hanno tentato di reggere, ma dopo due anni alle prese con le conseguenze della pandemia, con i rincari di luce e gas, e con la diminuzione della capacità di spesa delle persone, 344 sono finite gambe all’aria nel 2022.
MANAGER DI DISTRETTO «La crisi delle attività del territorio era già iniziata dal 2017», analizza il presidente di Confcommercio, Riccardo Padovano. «Il Covid ha dato il colpo di grazia. Sono anni che come associazione lanciamo un messaggio per non far perdere la centralità dei negozi sotto casa. In centri urbani come i nostri, tra Pescara, Montesilvano e tutta l’area metropolitana, dove non abbiamo alle spalle industrie e grandi aziende manifatturiere, dobbiamo pensare che l’unica strada per supportare i negozi è quella dei distretti commerciali, creando dei tavoli operativi tra associazioni di categoria, politica, condomini per elaborare dei piani marketing». Secondo Padovano, istituendo la figura del manager di distretto «che non è il semplice assessore, ma un esperto di turismo di alto livello, si possono elaborare strategie per attirare presenze sul territorio, che poi alimentano il commercio. Puntiamo sul turismo congressuale, su quello sportivo, creiamo un’area concerti per portare gente in città che dorme e spende qui».
RETE TRA COMMERCIANTI Le dinamiche che hanno portato alla crisi per Gianni Taucci, direttore di Confesercenti, sono molteplici. Oltre al Covid e alle bollette, influisce anche la modalità di acquisto tra ingrossi e negozi.
«I primi obbligano i secondi a comprare determinate quantità, che spesso vanno svendute al cliente finale. Chi non ha le spalle grosse, di fronte a una riduzione della marginalità», dice Taucci, «inevitabilmente a un certo punto deve decidere di chiudere. Aggiungiamo che la diminuzione del potere di acquisto delle famiglie e il Covid hanno cambiato le abitudini, si tende a spendere di meno per l’abbigliamento e di più per cibo e socialità». La soluzione, per Taucci, è la costruzione di «percorsi di rete tra commercianti che determinino strategie per far affluire gli utenti verso le attività. Bisogna condizionare le scelte del consumatore con pubblicità e fidelizzazione. E la pubblica amministrazione deve fare un’azione di marketing territoriale, promuovendo il bello e il fruibile, in modo condiviso con i “vicini di casa”, così da attirare turisti».