PESCARA. Arriva, con la sentenza di appello, l’assoluzione per l’ex maresciallo della polizia municipale di Pescara, Giampiero D’Incecco. Era stato processato e condannato in primo grado a Pescara a 1 anno e 4 mesi di reclusione per peculato e falso, in relazione a due verbali di contravvenzione.
I destinatari delle due infrazioni si erano recati, in tempi diversi, al comando della municipale per pagare la multa usufruendo della riduzione prevista entro i 5 giorni dal verbale (una multa di 58 euro, l’altra di 29 euro). Ma il 4 marzo e il 9 marzo del 2019, gli uffici erano chiusi nel momento in cui due automobilisti vi si recarono: così, essendo presente il solo D’Incecco, questi prese i soldi con l’impegno di versarli alla riapertura degli uffici.
Il problema è che, passati un paio di mesi, diversamente da quanto D’Incecco aveva loro garantito, e cioè che la ricevuta sarebbe stata spedita nelle rispettive abitazioni, i due automobilisti non ricevettero nulla e per questo si recarono negli uffici per chiedere spiegazioni. Rimasero sorpresi nell’apprendere che le multe non solo non erano state pagate, ma che per di più andava versata la quota intera senza la riduzione. E quindi per l’imputato, arrivò la condanna.
Ma il suo nuovo difensore, l’avvocato Claudio Croce, decise di presentare appello, evidenziando che D’Incecco non aveva utilizzato quei soldi che erano peraltro rimasti negli armadietti del Comando.
«Non vi è dubbio che nella condotta del prevenuto sia ravvisabile il reato di peculato», scrivono i giudici dell’Aquila, «ma vi è ragionevole dubbio circa la sussistenza del dolo». D’Incecco operò in violazione delle norme (che consentono il ricevimento diretto dal soggetto obbligato solo quando si tratta di un’auto con targa straniera) e di conseguenza per la Corte aquilana la sanziona disciplinare inflitta è giustificata. «Appare però plausibile», proseguono i giudici di appello, «specie alla luce di quanto riferito dalle due persone interessate, che il D’Incecco si prestò a ricevere il denaro che non poteva essere versato subito nella cassa che era chiusa, per fare un favore, dato che furono costoro a chiedere di poter pagare subito onde evitare di tornare». Peraltro, quando i due automobilisti andarono al Comando per lamentarsi, D’Incecco si scusò e provvide a regolarizzare la situazione versando di tasca propria la maggiorazione dovuta al ritardo.
«Nè certo può essere ravvisata una concreta utilità nell’aver trattenuto per qualche tempo i due importi, certamente irrisori. Emerge così», conclude la sentenza, «un quadro complessivo che induce a ritenere possibile che il predetto abbia trattenuto il denaro per dimenticanza, come sostenuto, e quindi a dubitare della sussistenza del dolo». Assolto «perché il fatto non costituisce reato».