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PESCARA. Prosegue la polemica a distanza tra la giunta distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) e il deputato Pd Luciano D’Alfonso in merito alla querelle che ha coinvolto il pm della Procura di Pescara Andrea Di Giovanni. Dopo il botta e risposta pubblicato ieri, arrivano infatti le controrepliche. La prima, dell’Anm, rispetto a quanto affermato da D’Alfonso sul giornale di ieri, che «delegittima la funzione dei magistrati». La seconda, del deputato dem, che ribadisce «il diritto a informare».
Ecco nel dettaglio, e in ordine cronologico, i due interventi. Scrive l’Anm: «Desta profondo allarme la risposta dell’onorevole Luciano D’Alfonso al comunicato di questa Giunta distrettuale dell’Anm. Ciò che sgomenta», puntualizza l’Associazione Magistrati, «è che, ancora una volta, di fronte all’invito a porre fine ad inaccettabili e denigratori attacchi ad un magistrato della Repubblica Italiana, un deputato (rappresentante, quindi, di altro potere del medesimo Stato) strumentalizzi l’occasione per protrarre le condotte aggressive, dirette all’attacco violento e lesivo della dignità del magistrato – definito con epiteti altamente offensivi della sua persona e del ruolo che svolge -, senza cogliere l’appello a ricondurre le dichiarazioni in toni continenti. Il rispetto delle prerogative di ciascun potere dello Stato», scrive Anm, «è necessario non per la tutela del singolo magistrato, ma per restituire al cittadino l’immagine corretta del funzionamento dello Stato di diritto, della divisione dei poteri, della legalità, della indipendenza ed imparzialità del magistrato, dell’obbligo di esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico ministero, del giusto processo e del contraddittorio delle parti, principi tutti questi il cui fine ultimo è quello della effettiva salvaguardia e tutela del diritto dei singoli».
«L’accusa ai magistrati di agire per fini estranei alla funzione giurisdizionale, tentando di minarne – specie con rifermento a indagini e processi in corso – la serenità e l’imparzialità», prosegue la nota, «delegittima profondamente la funzione e il ruolo della Magistratura in uno Stato di diritto, che la corretta dialettica tra i poteri dello Stato dovrebbe invece preservare», conclude l’associazione del magistrati abruzzesi.
Replica quindi D’Afonso: «Restituisco qualsiasi ipotesi su una presunta volontà di produrre polemica nei confronti della magistratura, poiché coltivo senza fatica un rispetto totale e incondizionato verso la funzione delle attività magistratuali giudiziarie. Ritengo però mio diritto e dovere quello di informare l’opinione pubblica su fatti che mi riguardano, soprattutto per il ruolo che rivesto, che mi è stato conferito ripetutamente dal mandato popolare, nonostante le sofferenze patite».
Il deputato dem prosegue ricordando: «Fui proprio io, non appena mi resi conto che stava accadendo qualcosa di irrituale attorno ai miei collaboratori, per l’ennesima volta, a rivolgermi alla magistratura per denunciare quanto veniva posto in essere in maniera stravagante, tanto che poi purtroppo un membro super consigliato delle forze dell’ordine è stato sottoposto a giudizio e condannato in primo grado, grazie al lavoro rigoroso dell’attuale Procura della Repubblica di Pescara e ai magistrati giudicanti competenti che si sono applicati – come in ogni altro caso – con la dovuta dedizione, mai emotiva e mai cercatrice di consenso».
E conclude D’Alfonso: «Rimango a disposizione dell’Anm Abruzzo per un confronto sereno e pacato sui temi della giustizia, con particolare riguardo agli insostituibili passaggi della fase del procedimento penale e all’applicazione coerente del fondamentale articolo 358 codice di procedura penale e ai tempi del giusto processo».