TERAMO. All’epoca dei fatti erano poco più che bambine, entrambe avevano meno di 14 anni. Oggi sono due giovani donne che in un’aula di tribunale hanno raccontato l’indicibile. Perché è ancora la cronaca giudiziaria a declinare un’altra storia di violenze in famiglia: un teramano di 48 anni è stato condannato a sei anni per abusi sessuali sulle due figlie della ex convivente. Abusi che, per l’accusa, si sarebbero consumati in un arco di tempo di otto anni.
La sentenza di primo grado (che ha accolto in toto la richiesta fatta dal pm di udienza Francesca Zani) è stata emessa al termine di un rito abbreviato durante il quale il gup Lorenzo Prudenzano ha disposto l’audizione delle ragazze, entrambe costituite parti civili, che nel corso delle indagini preliminari non erano mai state sentite con la formula dell’incidente probatorio.
L’uomo è finito a processo dopo una iniziale richiesta di patteggiamento respinta dall’autorità giudiziaria. I fatti, sempre secondo la versione sostenuta dalla Pubblica accusa, sarebbero avvenuti in un arco di tempo compreso tra il 2008 e il 2016 e sarebbero stati denunciati successivamente quando le due sorelle, ormai maggiorenni e andate vie di casa, avrebbero confidato l’una all’altra gli abusi.
Le indagini, complesse e delicate, hanno ricostruito svariati episodi in cui, sempre secondo la Pubblica accusa, l’uomo avrebbe messo in atto degli abusi sessuali nei confronti delle figlie dell’allora convivente. Episodi che si sarebbero verificati sempre quando la donna non era in casa e in alcuni occasioni anche in un orto in cui l’uomo spesso si recava per fare delle coltivazioni e in cui si sarebbe fatto accompagnare, in alcuni casi, da una delle due ragazzine. In una occasione, sostiene l’accusa, una delle sorelle avrebbe anche colpito con un calcio l’uomo proprio per difendersi dagli abusi e in questo modo, in quel caso, sarebbe riuscita a scappare via. La Procura imputa al 48enne, così si legge nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal pm titolare del fascicolo Greta Aloisi, «un abuso di autorità consistito nell’approfittare della posizione di preminenza sulle minori correlata a vincoli di affettività tali da indurre nel soggetto passivo una condizione di soggezione psicologica di cui approfittava anche suscitando nelle minori un senso di colpa ogni qualvolta le stesse non si mostravano disponibili ad assecondare le sue richieste».
L’uomo è difeso dagli avvocati Sabatino Ciprietti e Fabio Di Paolo che dicono: «Attendiamo le motivazioni. Riteniamo che ci siano ampi spunti per sottoporre a critica e revisione la sentenza pronunciata dal tribunale di Teramo che sarà impugnata inevitabilmente in appello». Le due sorelle si sono costituite parti civili rappresentate dagli avvocati Alfredo Cappellacci e Dario Antonacci.
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