L’AQUILA. «Mai arrendersi di fronte alla violenza». Non si sono arrese Filomena Lamberti, prima donna in Italia ad essere sfregiata con l’acido, e Daniela Di Maggio, la mamma-coraggio di Giovambattista Cutolo detto Giò Giò, ucciso a Napoli per aver difeso un coetaneo. «Se ci fossimo lasciate andare, saremmo morte due volte», hanno detto nel corso della VI edizione del Premio nazionale Donna 2024, che si è tenuto ieri all’Aquila. All’evento, moderato dalla giornalista Monica Pelliccione, sono intervenuti Gianni Padovani, presidente dell’Onlus Antonio Padovani che organizza il Premio, Stefano Pallotta, presidente Ordine dei giornalisti d’Abruzzo e Pieremidio Bianchi, commissario capo divisione Anticrimine Questura dell’Aquila.
Lamberti, originaria di Cava dei Tirreni, nel 2012 venne sfigurata con l’ acido solforico dal marito dal quale voleva separarsi. Un calvario durato anni, finito dopo trenta interventi, dieci solo per ricostruire le palpebre. Per la brutale aggressione, l’ex marito, Vittorio Giordano, ha patteggiato 18 mesi di reclusione. Oggi è un uomo libero. «L’uomo possessivo e violento ti isola da tutto e da tutti», ha detto Lamberti. «Quando ho deciso di spezzare le catene delle costrizioni lui ha reagito, cercando di togliermi l’identità».
Commovente il ricordo di Daniela Di Maggio: «Giò Giò era un grande compositore, un ragazzo includente, sempre dalla parte dei deboli». Di Maggio ha lottato perché l’assassino di suo figlio, seppur minorenne all’epoca dei fatti, fosse condannato a vent’anni di carcere.
«Per noi giornalisti è difficile raccontare queste violenze», ha detto Pallotta. «Se c’è un avvenimento che ci ha fatto riflettere fino in fondo è stato il massacro del Circeo, uno spartiacque. La sopravvissuta fu fotografata rannicchiata nel cofano della macchina da noi giornalisti e quell’immagine venne pubblicata ovunque, senza alcun rispetto. Un episodio che ci ha fatto riflettere e il nostro linguaggio è completamente cambiato».
Per Bianchi, commissario capo Divisione anticrimine Questura dell’Aquila «bisogna lavorare con le norme. I bambini vanno educati dall’infanzia, infatti la scuola è una delle istituzioni a cui ci rivolgiamo sempre».