PESCARA. «Qui di fronte, nei giardinetti, è un continuo via vai di ragazzini. Si vedono movimenti strani, ci sono dei giovani stranieri, ma non solo. Spesso gruppetti di adolescenti si fermano a fumare spinelli tutti insieme, a volte vengono anche qui davanti, addirittura seduti ai tavolini. E, come se niente fosse, quando li invitiamo ad andare via, rispondono “ci stiamo solo facendo una canna!”. Questa è la situazione ogni giorno, ma capitano anche discussioni, risse e bottigliate».
Cartoline da corso Vittorio Emanuele, due passi dal salotto di Pescara. Il racconto è dei titolari dello storico Bar Lucio, sentinella della zona del terminal bus da oltre mezzo secolo. Quello che descrivono non è fantasia, lo vediamo fermandoci qualche ora tra gli stalli dei pullman in partenza, mentre le forze dell’ordine provano a tenere sotto controllo la situazione.
In quel fazzoletto di asfalto rovente era iniziato anche l’ultimo pomeriggio di Christopher Thomas Luciani, domenica 23 giugno. il 16enne di Rosciano aveva appuntamento davanti alla stazione con i suoi assassini. Lì probabilmente si vedevano tutti anche in passato, proprio per acquistare quel fumo diventato causa del debito di Christopher e movente dell’assurdo delitto del parco Baden Powell.
Nei giardinetti del terminal bus per ore, appartati all’ombra, ci sono sempre gli stessi: ragazzi (e ragazzini) nordafricani sempre con il telefonino in mano, che ricevono “visite” di adolescenti, italianissimi e probabilmente pescaresi. Un movimento quasi senza sosta. Il gruppetto si alza, si sposta, saluta i “visitatori” e torna al suo muretto. Sembra essere un punto di riferimento per chi vuole acquistare stupefacenti. Il tranquillo caos quotidiano, l’indifferenza e la fretta dei viaggiatori alleati perfetti per non dare nell’occhio. E se in giro ci sono le forze di polizia, basta “appartarsi” nella pedonale via Mazzini o arrivare fino al mercato Muzii, di giorno un po’ desolato.
«Nel nostro locale siamo costretti a mandare via tante persone moleste. Quasi sempre stranieri, che hanno monopolizzato la via. Ma ci tengo a specificare: la comunità pakistana e indiana che lavora qui e frequenta la zona è assolutamente rispettabile, consuma nei bar e nei negozi, è educata e sempre molto seria. Altri stranieri che circolano qui, invece, sono un problema. Poi ci sono i ragazzini e le ragazzine del posto. Parlo di maggiorenni, ovviamente, ma comunque di giovanissimi e giovanissime: bevono alcol a qualsiasi ora, cercano di farsi male, dicono che quello è il loro sballo. A volte qualcuno si chiude in bagno e non torna, quando andiamo a controllare, li troviamo che hanno appena finito di sniffare coca. E’ una situazione difficile, fuori controllo. Le forze dell’ordine le vediamo, si vede che fanno quello che possono. Ma non basta: ci vogliono agenti e almeno una macchina che controllino tutto il giorno questa zona».
Accanto al bar Lucio c’è la farmacia Simoncelli, frequentatissima e affacciata sullo stesso triste palcoscenico dei giardinetti e del tratto nord di corso Vittorio. «Tra le persone in fila, anche tossici che, dopo aver chiesto soldi in giro, vanno a comprare le siringhe», ci dicono dal bar vicino. «Questo tratto di strada, con tutti questi locali stranieri, è stato un po’ dimenticato anche dall’amministrazione comunale. Qui non arrivano mai neanche le luminarie natalizie».
Ripercorrendo la via e guardandoci intorno, troviamo i carabinieri davanti ad un negozio di telefonia per calmare una donna andata in escandescenze. Mentre la moltitudine di razze e colori consuma nei locali multietnici del quartiere. E sotto l’ombra dei giardinetti, probabilmente, continua il mercato della morte.