L’AQUILA . L’Aquila e il suo nuovo volto. Una città cambiata nel profondo, vivace ed evoluta. Aperta alla cultura e all’innovazione. Dove il fermento, dopo gli anni bui dell’immediato post-sisma, ha acceso una nuova luce: quella del rilancio e delle rilettura creativa della memoria. Perché il passato sia insegnamento e guida per i giovani che scommettono sul loro futuro in questa terra. Una lettura in prospettiva, ricca di segnali positivi, che anima le parole del sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, nel giorno più sentito dalla comunità aquilana: il 6 aprile.
A 15 anni dal sisma del 2009, come si presenta L’Aquila oggi?
«È una città profondamente cambiata, tuttora in continuo mutamento, che esprime una vivacità per nulla comune ad altre città analoghe per dimensioni e caratteristiche. Le difficoltà ci sono e, in alcuni casi, dovremmo farci i conti ancora per qualche anno, ma che questo sia un luogo su cui scommettere e in cui costruire il proprio progetto di vita lo dimostrano persino i dati sulla popolazione residente che, in controtendenza rispetto al resto d’Abruzzo e degli altri capoluoghi di provincia, è in crescita».
La ricostruzione pubblica viene considerata il tallone d’Achille. A che punto siamo e quali le prossime tappe?
«Siamo finalmente al giro di boa, nel senso che dopo anni di lentezze, dovute essenzialmente ai percorsi obbligati dalle procedure burocratiche, anche la ricostruzione pubblica ha preso slancio e, al netto di casi isolati, sia pure importanti, non è più ferma da tempo. Ancora un paio d’anni e vedremo anche i frutti di questi sforzi, con ulteriori restituzioni. È sufficiente dire che è stato finanziato il 65% delle opere pubbliche per quasi 2,4 miliardi e che, grazie a una convenzione tra Usra, Usrc e Segretariato, si è accelerato anche per chiese e monumenti».
L’auspicato ritorno di scuole e uffici in centro avrà un punto di accelerazione nei prossimi mesi?
«Molti uffici hanno già ripopolato il centro storico, sono tornati alcuni di quelli che erano presenti prima del terremoto e altri se ne sono insediati. Il Comune, prima di tutti, ha fatto la sua parte, restituendo la principale sede di rappresentanza, Palazzo Margherita, e trasferendo in centro l’Ufficio speciale Usra. Sulle scuole, che negli edifici del centro non troverebbero condizioni ideali, in termini di sicurezza e rispondenza alle attuali norme, abbiamo fatto una scelta precisa, individuando in Collemaggio la sede di un nuovo grande polo».
L’amministrazione comunale sta riservando grande attenzione alla ricostruzione sociale. L’Aquila Capitale della cultura 2026 quali opportunità sarà in grado di offrire?
«Per L’Aquila la cultura ha rappresentato la forza propulsiva della ricostruzione sociale e fisica. È stata una nostra chiara intuizione vincente, nata da una visione ben precisa fondata sul rilancio della città attraverso la rilettura creativa della memoria, l’esaltazione dei valori identitari e religiosi come forme di progresso civile e di attrazione turistica, la ridefinizione del concetto di comunità plurale e inclusiva, l’apertura ai saperi, alla conoscenza e alla ricerca e la possibilità di usare e vivere diversamente il tempo. Il titolo di Capitale è, dunque, insieme un punto di arrivo e uno di partenza, perché saprà essere motore per le aree interne innescando relazioni virtuose con il mondo che ci circonda rappresentato, innanzitutto, dalle altre città candidate che abbiamo deciso di coinvolgere».
L’Aquila è dentro il grande progetto di rilancio dell’Appennino e delle zone interne. Di qui a 10 anni come immagina la città?
«La sfida più accattivante, da sindaco, è proprio quella di riuscire a invertire il trend che accomuna le aree interne, soprattutto quelle dell’Appennino di cui L’Aquila fa parte: denatalità, spopolamento, carenza di servizi e collegamenti e giovani che vanno via. Costruendo una città a misura di famiglia, mantenendo un alto tasso di qualità della vita e offrendo opportunità le nuove generazioni, immagino L’Aquila rinata, più bella e più forte – che declinato nel nostro caso significa più sicura – di prima. A questo, oramai da anni, lavoriamo incessantemente, da un lato seppure attraverso i pochi strumenti che un Comune ha a disposizione – politiche abitative o welfare sociale – dall’altro creando le condizioni perché in città si concretizzino opportunità di lavoro che inducano molti giovani a restare o a scegliere di venire a vivere all’Aquila. Non è casuale che quest’anno abbiamo voluto che il braciere della memoria fosse acceso da due quindicenni, Elisa e Tommaso, studenti del Conservatorio Casella».
Quanto a opportunità formative e occupazionali è ancora una città per giovani?
«Ne sono convinto: se guardiamo al numero e alla qualità di centri di formazione e alla loro attrattività non possiamo che rispondere in modo affermativo. L’Università è il baricentro, ma anche il Gran Sasso Science Institute, capace com’è di richiamare cervelli da ogni parte del mondo, così come penso all’Accademia di belle arti, al Centro sperimentale di cinematografia o al Conservatorio. Ma guardiamo anche alla Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza, alla Scuola nazionale dei vigili del fuoco, alla Sna o al centro nazionale del Servizio civile universale. Una fucina di talenti capace di offrire al mondo accademico e del lavoro alte professionalità».
©RIPRODUZIONE RISERVATA