CHIETI. Hanno gli occhi lucidi, l’emozione sul loro volto. Seduti in prima fila si alzano in piedi fieri e parlano al microfono: «Ecco la nostra nuova vita dopo il carcere». Sono i detenuti della casa circondariale di Chieti che hanno partecipato al progetto “In&out the jail” che si propone di migliorare l’occupabilità e promuovere il reinserimento sociale di donne e uomini detenuti. Ieri, al museo Barbella, c’è stata la presentazione dei risultati di un progetto iniziato nel 2022 e che ha proposto due percorsi finalizzati al conseguimento delle qualifiche professionali di pizzaiolo e operatore di confezione.
IL PROGETTO Finanziato dalla Regione, il progetto è stato concepito all’Organismo di Formazione Nxs Srl con la Cooperativa sociale Frontiera lavoro. Tra gli otto istituti che hanno aderito in regione, c’è anche il carcere di Chieti. «La finalità è cercare di dare ai detenuti la possibilità di reinserimento sociale e uno sbocco nel mondo del lavoro», spiega il direttore del carcere di Chieti, Franco Pettinelli, che ha ringraziato il personale di polizia penitenziaria. Il progetto è stato patrocinato dal Comune di Chieti. «Vogliamo essere attivi e partecipi secondo le nostre linee di mandato», commenta il sindaco Diego Ferrara, «il carcere diventa così un laboratorio tecnico e sociale». All’incontro sono intervenuti anche l’assessore al Sociale Alberta Giannini, Antonella Azzariti, funzionario dell’ufficio del fondo sociale europeo, la funzionaria giuridico pedagogica e capo area di Chieti Stefania Basilisco, e Paola Pione, responsabile della scuola di formazione. Per la comandante Alessandra Costantini il progetto è «un’apertura del carcere alla società», dice, «giornate come queste sono una vittoria perché i ragazzi si sono messi in gioco e per aver ricevuto un grande risultato». Lo scopo delle attività è quindi superare «il paradigma del carcere come mera applicazione di una punizione», spiega il magistrato di sorveglianza Maria Merlino, «e farlo diventare un ponte per l’esterno». Il corso da pizzaiolo è stato portato avanti da Angelo Ferente e quello da operatore di confezione da Annie Di Sante Marolli.
l’EMOZIONE DEI DETENUTI Si aprono quindi le speranze oltre il carcere. «Grazie a questo bellissimo progetto abbiamo potuto rivivere momenti di libertà che fanno bene al cuore», legge Anna, portavoce del gruppo di detenute del corso di sartoria, «questa esperienza formativa ha stimolato la nostra creatività e la possibilità di esprimere la nostra personalità tramite il fantastico mondo della sartoria. Sin da subito ci siamo sentite accolte, comprese e non giudicate. Questo ci ha permesso di credere in un cambiamento concreto, ci hanno permesso una crescita personale in un momento della vita in cui tutto sembra essersi fermato». Prende poi il microfono Arturo, portavoce dei pizzaioli, che riassume l’esperienza in due parole: perché e speranza. «Perché vuol dire capire i processi fisici e chimici di un impasto o una cottura che ci hanno dato le competenze per svolgere il mestiere», legge Arturo. Poi la speranza. «All’inizio molti di noi erano titubanti, ma dopo sei mesi ora tutti vogliamo fare il pizzaioli», conclude Arturo, «la speranza è che questo possa essere il lavoro da fare fuori, una volta giunta la libertà».