CRECCHIO. «Ti uccido con il coltello, poi ti faccio a pezzi con gli attrezzi che ho in garage». Così un uomo di 43 anni terrorizzava la moglie, nella loro casa di Crecchio, prendendola a pugni e scaraventandole addosso – anche in pieno volto – bottiglie di birra, cellulari e telecomandi per la tv. Il marito violento, a poche ore dalla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra oggi, è stato arrestato dai carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Ortona.
Ora è accusato di maltrattamenti in famiglia pluriaggravati: il giudice Andrea Di Berardino, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Chieti Lucia Anna Campo, ha disposto nei confronti dell’indagato i domiciliari (a casa della madre) con il braccialetto elettronico. L’uomo è stato già condannato in via definitiva a tre anni e tre mesi di reclusione, per identico reato, sempre nei confronti della coniuge.
Giovedì sera i carabinieri sono intervenuti nell’abitazione della coppia dopo la richiesta d’aiuto della vittima, 40 anni, che era sfuggita dall’ennesima violenza domestica del marito. Quest’ultimo, ubriaco come al solito, l’aveva picchiata e le aveva lanciato addosso alcuni oggetti, oltre a offenderla e a minacciarla di morte, comportamenti ripetuti ormai da anni, anche in presenza dei figli. I militari dell’Arma, una volta constatato lo stato di alterazione psicofisica dell’esagitato, lo hanno invitato a lasciare l’abitazione e a recarsi a casa della madre, a poca distanza.
La donna, accompagnata in caserma, ha riferito nuovamente «il drammatico canovaccio di aberrazioni dell’uomo», precisa il giudice, «il quale è giunto a dirle che l’avrebbe uccisa con un coltello e fatta a pezzi con i suoi arnesi da giardinaggio e che, se fosse andato in carcere a causa sua, avrebbe ucciso anche i genitori di lei». Mentre era davanti ai carabinieri, la quarantenne ha ricevuto telefonate e sms dal marito, che era nel frattempo rientrato a casa e la minacciava di tornare immediatamente. A quel punto, i militari lo hanno arrestato. In precedenza, l’indagato era stato sottoposto anche alla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare.
La donna ha spiegato di non aver avuto la forza, psicologica ed economica, vista la sua condizione di dipendenza patrimoniale dal marito, di allontanarlo di nuovo, sulla promessa di lui di disintossicarsi dall’alcol, e per il timore di ritorsioni nei confronti dei figli minori.
L’arrestato, difeso dall’avvocato Massimiliano Ceddia, nel corso dell’interrogatorio, ha ammesso solo l’episodio del lancio del cellulare, a suo dire scaraventato contro il muro e non nei confronti della moglie.
Secondo il giudice Di Berardino, sussistono i gravi indizi di colpevolezza. Non solo: «A nulla vale la ripresa della convivenza, che non assume alcun significato nell’ottica della efficacia dimostrativa delle dichiarazioni della vittima, alla luce della congerie di elementi sulla personalità pervicacemente negativa dell’indagato». Per il giudice, dunque, la misura cautelare richiesta del pm «appare appena sufficiente a contenere l’elevato rischio» che il marito violento torni a compiere reati analoghi, considerando la serialità delle sue azioni e il fatto che «alcuna condanna o precedente provvedimento» abbia sortito un effetto deterrente sul quarantatreenne, «totalmente inaffidabile e incontenibile verso il coniuge». Ora l’indagato ha il divieto assoluto di comunicare in qualunque modo, anche a distanza, con la moglie. (cr.ch)
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